Salice: un antinfiammatorio naturale
Pubblicato il Gennaio 9, 2017 - Benessere
Il Salix alba è un albero appartenente alla famiglia delle Salicaceae ed è conosciuto con il nome volgare di Salice. E’ una pianta che può arrivare a misurare anche 20 m di altezza, ma se coltivato viene potato e tenuto più basso.
Albero dioico con tronco eretto, chioma ampia e accrescimento rapido, il Salice prospera sui terreni umidi, in zone paludose e lungo stagni e corsi d’acqua.
Il nome del genere Salix deriva da una parola celtica che significa “nei pressi d’acqua”, mentre la specie qui descritta, cioè alba, deve il suo nome all’aspetto biancastro delle foglie.
Il genere Salix comprende 300 specie, tra cui anche il famoso Salice piangente (Salix babylonica L.), che è di origine orientale ed impiegato principalmente come pianta ornamentale.
Salix alba possiede rami sottili e flessibili, verdi, oppure verdi-rossastri o ancora quasi gialli a seconda della varietà. Le foglie sono caduche, lanceolate-acuminate, lunghe fino a 12 cm e larghe al massimo 3 cm, con lamina superiore verde lucida, l’inferiore più pelosa e biancastra e margine seghettato, dai piccolissimi denti bianco-grigi.
Le gemme sono appressate ai rami, lunghe 6-7 mm, hanno forma allungata ed un colore che va dal rossiccio al bruno. Essendo una pianta dioica avremo fiori maschili e fiori femminili su piante distinte, che nel Salice sono organizzati in amenti o gattini lunghi circa 4-5 cm. I fiori maschili hanno 2 stami, mentre i femminili, più esili dei maschili, hanno l’ovario quasi sessile e lo stilo minuto. Ogni fiore si trova all’ascella di una brattea brevissima.
Il frutto e’ una cassula (capsula) con semi minutissimi e pelosi che a maturazione liberano un pappo bianco “cotonoso”, che libra nell’aria.
La droga del Salice è rappresentata dalla corteccia che viene staccata dai rami ogni 2-3 anni e si presenta liscia, lucente, coriacea e tenace a staccarsi. Internamente è bianca ed esternamente il colore può variare. Il sapore è amaro.
Contiene tannini, glicosidi fenolici (per la precisione: salicina, salicortina, salicoside, populina, salireposide, piceina, tremulacina, triandrina); esteri dell’acido salicilico, polifenoli, catechine e protoantocianidine.
I salicilati hanno attività antinfiammatorie, antipiretiche, analgesiche e antireumatiche, proprietà conosciute già in tempi antichi; ne parlano infatti già Ippocrate nel suo De Materia Medica e Dioscoride (I sec. d.C.). Nel 1757 il reverendo Edward Stone, pastore di un piccolo villaggio dell’Oxfordshire, lo utilizzò come antimalarico, in alternativa alla costosa China. Nel 1824 gli italiani Rigatelli e Fontana, dimostrarono l’azione febbrifuga e riuscirono ad isolare la salicina, ma la svolta si ebbe nel 1897 quando il giovane chimico F. Hoffmann sintetizzò l’acido acetilsalicilico decretando la fortuna dell’azienda farmaceutica tedesca Bayer, diventando il più diffuso e popolare prodotto da banco al mondo.
Nonostante ciò questa molecola è la prima causa di ricovero ospedaliero per abuso di farmaci. L’aspirina infatti ha la capacità di provocare ulcerazioni della mucosa gastrica; effetto collaterale che non possiede il prodotto naturale, ovvero la corteccia di Salice, dagli effetti terapeutici più lenti e meno mirati.
La corteccia viene generalmente utilizzata in decotto. I glucosidi fenolici dell’estratto, durante il tragitto dallo stomaco all’intestino tenue, sono convertiti in salicina che poi, grazie ai batteri intestinali, converte in alcol salicilico e nel fegato diventa acido salicilico, assumendo la sua forma farmacologicamente più attiva. Questi processi chimici ed enzimatici sono indispensabili per la conversione dei cosiddetti pro-farmaci in molecole attive (farmaci).
La corteccia è la droga più conosciuta, ma si possono utilizzare anche le gemme, gli amenti, la linfa e la corteccia dei giovani rami.
Le gemme agiscono sul tono dell’umore, con azione sedativa sul sistema nervoso, gli amenti agiscono sull’apparato genitale femminile, riducendo un eccessivo eretismo sessuale, e quindi un’azione anche qui sedativa. La linfa viene consigliata per gli stati infiammatori dell’occhio, ovvero in caso di cataratta e degenerazione del corpo vitreo; mentre la corteccia dei rami giovani può essere indicata nei casi di artrosi dolorosa dei legamenti. A seconda degli specifici casi, in gemmoterapia viene spesso consigliata l’associazione con un altro gemmoderivato per ottenere un risultato più completo.
Il Salice è stato protagonista di molte leggende. Nella Bibbia gli ebrei si sedettero proprio sotto un Salice per piangere la loro prigionia. Nel Medioevo i rametti della pianta erano segno di lutto, mentre chi era stato lasciato o respinto ne indossava ghirlande di foglie e ramoscelli. Secondo altre leggende si riteneva che gli stregoni lo utilizzassero per fabbricare le bacchette magiche, mentre le streghe lo utilizzavano per le loro scope insieme ai ramoscelli di Betulla e al Frassino.
Il Salice era anche considerato protettore della casa, in quanto esporre i suoi rami teneva alla larga il male. Altre leggende facevano credere che un segreto confessato ad un salice sarebbe stato sicuro per sempre, mentre un’altra leggenda narra che battendo la sua corteccia si allontanava la malasorte, e da lì deriva l’espressione scaramantica “ tocca legno” per scongiurare un evento negativo.
ANJA LATINI
Erborista iscritta al RNEP n. GLT0018S
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