OLEOLITI: IL POTERE DELLE PIANTE OFFICINALI IN OLIO
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Sicuramente conosciuti in tempi molto antichi, gli oleoliti, chiamati anche oli medicinali o tinture oleose, sono estratti di piante medicinali e aromatiche ottenuti per l’azione solvente di un opportuno olio grasso vegetale.
Per l’estrazione si consiglia di utilizzare un olio di ottima qualità, che non si alteri facilmente, per assicurare una buona conservabilità dell’oleolito.
Uno degli oli migliori per questo scopo è l’olio extravergine di oliva che oltre ad avere una buona stabilità, è risaputa la sua azione benefica sul nostro organismo.
Tuttavia è possibile utilizzare anche olio di girasole, mais, germe di grano, mandorle, sesamo, nocciolo, ecc..
Gli oleoliti vengono utilizzati in diversi ambiti: nella cosmetica come base grassa per la preparazione di creme; gli estratti oleosi contenenti in particolare piante aromatiche, i cosiddetti oli aromatici, sono largamente utilizzati in cucina per condire le pietanze; altro impiego è quello curativo principalmente per via esterna, applicati localmente o durante un massaggio.
Le erbe utilizzate possono essere sia fresche che secche, ma in genere si consiglia sempre di essiccare parzialmente le piante e i fiori che contengono molta acqua (Calendula, Rosa canina, Arnica, ecc..) per evitare problemi di mal conservazione e non omogeneità dell’estratto ottenuto a causa dell’eccesso di acqua.
Eccezione è fatta per i fiori di Iperico (Hypericum perforatum L.) poiché i principi attivi contenuti nel fiore si trovano all’interno di granuli presenti sulla superficie dei petali.
La loro essiccazione comporterebbe la degradazione di queste molecole e quindi la perdita dell’azione della pianta.
Modalità di preparazione degli oleoliti
Per ottenere un buon oleolito basta seguire poche e semplici regole:
Le erbe o i fiori utilizzati vanno precedentemente lavati e tagliati (in maniera anche grossolana) e immersi nell’olio.
Il rapporto tra la pianta e l’olio è variabile a seconda delle erbe utilizzate e dell’uso finale, ma di solito si utilizza il rapporto 1:2, 1:5 o 1:10 e significa che per 1 g. di pianta secca si otterranno rispettivamente 2, 5 o 10 g. di oleolito.
Nell’autoproduzione casalinga non è necessario rispettare il rapporto esatto, l’importante è che la pianta venga sommersa completamente dall’olio utilizzato.
Prima di chiudere il recipiente, si consiglia di aggiungere sulla superficie dell’olio del sale marino grosso per aumentare la conservabilità dell’estratto ed il potere estrattivo dell’olio.
Le piante in olio vengono poi lasciate a macerare per un tempo variabile da 6-30 giorni in base alla pianta utilizzata.
Fin dal passato e soprattutto per le produzioni per uso personale, si usa esporre il recipiente della macerazione al sole: questo significa sottoporre l’olio ad un aumento di temperatura andando a favorire l’estrazione dei principi attivi contenuti nella pianta e la fluidificazione dell’olio.
Tuttavia questo sistema non è sempre valido poiché, molte molecole contenute nelle piante, se esposte a calore, si alterano perdendo la loro funzionalità.
Perciò per alcune piante come per esempio l’Iperico, Calendula, Rosmarino ed Elicriso la macerazione avviene al sole; nel caso di piante più delicate invece è meglio porle in un posto all’ombra.
Per quest’ultime la macerazione richiederà tempi più lunghi (in genere almeno 3 settimane).
Una volta terminata la macerazione l’oleolito viene torchiato, filtrato e imbottigliato in recipienti scuri con chiusura ermetica e conservati in un ambiente fresco lontano da fonti di calore.
In genere gli estratti oleosi hanno una conservabilità che va dai 6 ai 12 mesi.
Si consiglia sempre di preparare una quantità sufficiente per i propri bisogni, evitando lunghi peridi di stoccaccio.
Elisa Carnevale
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