La raccolta delle erbe officinali spontanee

Pubblicato il Aprile 23, 2015 - Interviste

Dall’antichità ad oggi esiste un sapere antico che risiede nei conoscitori di piante, negli “erbajoli”.

La Storia

L’uomo nasce raccoglitore. Le uniche fonti di nutrimento dei primi uomini risiedevano proprio nei doni offerti dalla natura ed i primi reperti rinvenuti sono dei gusci di Sambuco (Sambucus nigra L.), Corniolo (Cornus mas L.) e altri frutti secchi selvatici di villaggi mesolitici del nord Italia, testimonianza viva della raccolta di piante selvatiche nell’antichità.

Con gli egizi l’agricoltura inizia a diventare una base per l’economia dell’impero ma la raccolta di piante selvatiche non fu abbandonata, poiché non tutte le piante che utilizzavano per i loro preparati potevano essere coltivate. Il patrimonio culturale lasciato dagli egizi fu enormemente ampliato dai ‘rhizotomoi’ greci (cercatori di radici), gli esperti di piante tra cui spicca Teofrasto nel III secolo a. C.

I medici latini ampliarono enormemente le conoscenze ed un esempio lampante della conoscenza latina ne è la Naturalis Historia di Plinio il Vecchio, che abbraccia la conoscenza di più di 2000 opere catalogando un numero enorme di piante raccolte.

Il medioevo è stato il periodo buio della medicina ma la salvezza è da ricercare nel coraggio delle streghe, le curatrici, le raccoglitrici medioevali che uscivano all’imbrunire, per non essere notate, alla caccia di piante che potessero dare rimedio ai malati. Non da meno importanti furono i monaci e la creazione degli “orti dei semplici” per la cura dei malati tramite gli infusi erboristici.

Nel rinascimento la pratica della raccolta di erbe spontanee si fece viva ed utile alla scoperta di nuove piante curative ed alimentari. Il Mattioli, l’Aldovrandi e il Calzolari erborizzarono tra il ‘500 ed il ‘600 nel nord Italia, raccogliendo informazioni su una enorme quantità di piante autoctone e studiandole sia da un punto di vista botanico che medico. Nell’età industriale i raccoglitori iniziano ad essere una figura di riferimento come esperti botanici e vennero stipendiati dalle prime aziende farmaceutiche per la raccolta di piante selvatiche utili alla creazioni di preparati erboristici.

Rimane ora da chiedersi se questi raccoglitori esistono ancora e se ci sono ancora persone che fanno della raccolta di piante spontanee un lavoro. Sembra incredibile ma in Italia, nelle diverse regioni, ci sono dei raccoglitori che praticano questo mestiere e vengono addirittura considerati un patrimonio fondamentale e vitale dalle aziende erboristiche. Intervistandone un sufficiente numero è stato possibile effettuare una catalogazione preliminare.

Il raccoglitore di Montagna

In montagna si respira una tradizione tramandata di generazione in generazione da migliaia d’anni. I raccoglitori più esperti raccolgono più di 100 specie diverse e possono raccogliere dal disgelo di Marzo fino ai primi freddi di Novembre. I diversi tempi di maturazione della stessa pianta col crescere dell’altitudine concedono ai raccoglitori di raccogliere dei quantitativi enormi, anche più di un quintale al giorno della medesima pianta. Da ciò ne deriva una grande possibilità di guadagno che arriva fino al 100% del reddito mensile. A titolo di esempio, si ricorda che in Trentino è stata inaugurata nel 2007 la prima azienda che crea prodotti unicamente derivati dalle erbe selvatiche. Ed è in queste valli in qualche modo definibili “avanguardistiche” che parte il primo sviluppo legislativo: la legge provinciale del Trentino n.11 del 23 Maggio 2007 che salvaguarda e tutela il lavoro del raccoglitore. Alcune piante raccolte sono il Buonenrico (Chenopodium bonus-henricus L.), l’Aglio della regina (Allium schoenoprasum L.) e il Radicchio dell’orso (Cicerbita alpina (L.) Wallr.), l’Acetosa (Rumex acetosa) che crescono solo ad elevate altitudini e tra le erbe medicamentose c’è chi raccoglie l’Iperico (Hypericum perforatum L.) per farne un oleolito per le lesioni cutanee, la Malva del pastore (Malva sylvestris L.) come espettorante bronchiale e il Lichene islandico (Cetraria islandica (L.) Ach.), pianta dalle straordinarie proprietà antiasmatiche ed antitussive, che cresce al di sopra dei 2000 metri. Si deve ricordare che alcune piante per la loro formazione completa possono impiegare addirittura 100 anni; di qui la necessità di rispettarle ed, eventualmente, assoggettare a delle precise regole la loro raccolta.

Il raccoglitore di collina

In territorio collinare esiste una grande ricerca erboristica, dato che, ad esempio, nell’areale Toscano crescono l’85% delle piante officinali del bacino mediterraneo. Il periodo di raccolta va da febbraio con le prime gemme per terminare a dicembre con le radici. Il guadagno è buono, arriva per alcuni  fino all’85% del ricavato mensile totale raccogliendo da 20 a 50 piante medicinali diverse. Aiutata dalle piogge, dai prati esposti al sole, dall’ombra e dall’humus del sottobosco, la collina offre una varietà molto amplia di scelta e tra le più raccolte vale la pena menzionare la Camomilla (Matricaria chamomilla L.) come blando sedativo e stomachico, il Tarassaco (Taraxacum officinale, Weber) come biliare ed antireumatico, l’Ortica (Urtica dioica L.) antianemica, diuretica e per uso esterno contro la caduta dei capelli ed antiforfora, la Rosa canina (Rosa canina L.) come antinfiammatorio e astringente intestinale nonché fonte di Vitamina C, la Menta piperita (Mentha x piperita L.) e selvatica (Mentha longifolia L.) come digestive, il Timo (Thymus spp) come antisettico intestinale, l’Iperico (Hypericum perforatum L.) come ottimo cicatrizzante, la Melissa (Melissa officinalis L.) come blando sedativo, dispeptico, ottima in tisana per la presenza di citrale e l’Equiseto (Equisetum arvense L.) come diuretico e rimineralizzante. Nonché le gemme di alberi quali il Noce (Juglans regia L.) contro la disbiosi intestinale, il Nocciolo (Corylus avellana L.) contro i disturbi dell’apparato respiratorio e il Castagno (Castanea sativa, Miller) come coadiuvante del sistema linfatico.

Il raccoglitore di pianura

Nel passato gli anziani raccoglievano le erbe prataiole per necessità. La mancanza di denaro e l’abbondanza di prati incolti determinavano una raccolta abbondante di piante selvatiche, soprattutto alimentari. Ora la tradizione si sta perdendo a causa del grande inquinamento atmosferico ed ambientale e alla mancanza di spazi verdi non antropizzati. Ciò nonostante ci sono ancora persone che raccolgono piante alimentari da vendere ai ristoranti e piante medicinali, specialmente gemme, per creare dei prodotti da proporre in erboristeria ad un pubblico di nicchia. Il periodo di raccolta va quindi da Febbraio, con le foglie di Tarassaco a Novembre con il cinorrodo di Rosa canina. Il guadagno è in tal caso molto marginale, arriva al 10% del ricavato mensile. Le piante raccolte in grosse quantità sono l’Ortica (Urtica dioica L.), il Farinaccio (Chenopodium album L.), il Tarassaco (Taraxacum officinale Weber.), la Consolida (Symphytum tuberosum officinalis L.), l’Olmo (Ulmus campestris Auct.), il Silene (Silene alba (Miller) Krause e Silene vulgaris (Moench) Garcke) e l’Amaranto (Amaranthus retroflexus L.) tra le alimentari. Mentre come piante curative vengono raccolte il Ribes (Ribes nigrum L.) attivo nel tratto respiratorio superiore, la Rosa canina (Rosa canina L.) antinfiammatorio ed astringente intestinale nonché fonte di Vitamina C, l’Olivello spinoso (Hippophae rhamnoides) immunostimolante e molte gemme di alberi da frutto.

Il raccoglitore di mare

Nascosti tra le insenature delle coste siciliane abitano dei raccoglitori eredi di una tradizione plurisecolare. Nonostante il terreno prevalentemente calcareo e il clima siccitoso ci sono piante che crescono abbondanti e rigogliose ed offrono ai raccoglitori una raccolta redditizia, fino al 20% del ricavato mensile. La vendita viene effettuata tramite bancarelle al mercato o lungo le strade. Il clima mite che caratterizza tutte le stagioni, consente di garantire la crescita di piante durante tutto l’anno. Le piante più raccolte sono il Finocchietto selvatico (Foeniculum vulgare Mill.) da cui se ne ricava anche un pregiato polline, l’Asparago selvatico (Asparagus acutifolius L.), il Sommacco (Rhus coriaria L.), il Fico d’india (Opuntia ficus-indica (L). Mill.), la Cicoria selvatica (Cichorium intybus L.), il Timo (Thymus spp) e il Rosmarino (Rosmarinus officinalis L.).

Lo sviluppo legislativo

Stando ai dati catalogati ed ottenuti mediante interviste dagli autori si denota come la figura del raccoglitore di erbe selvatiche non appartenga solo al passato e non sia la figura ancestrale come spesso ritenuta.
È doveroso però sottolineare come dal 1931 ad oggi non ci sia alcuna legge, eccezion fatta alla provincia trentina, che tratti di raccolta spontanea in Italia.

Si ricorda che la commissione europea nel 2006 ha emanato una guida alla pratica della raccolta di piante officinali spontanee (GWP) ma che purtroppo non assume carattere legislativo, ed è solo una norma di buon comportamento.

Il raccoglitore di erbe spontanee in genere non è un laureato, non ha studiato più di qualche mese in biblioteca ma ha passato anni all’aria aperta, annusando il profumo intenso dei primi fiori primaverili e degli ultimi frutti autunnali. Ha toccato con mano e spezzato migliaia di piccoli fusticini di piante. Ha osservato le piccole gemme degli alberi sbocciare. È un botanico, un abile conoscitore, ma prima di tutto è un amante della natura e dei suoi doni. Non è quasi mai un tecnico, non conosce strutture chimiche, non usa materiali all’avanguardia ma vive tra i prati, tra le gole delle montagne, tra i boschi e da migliaia d’anni si muove con abilità e con occhio guardingo in ogni ambiente naturale. È ancora in possesso della vera essenza della medicina naturale, si pone con riverenza verso una pianta che dona sollievo e guarigione, la raccoglie nelle giuste quantità, la osserva, la pulisce e la prepara immedesimandosi nella pianta e scoprendone i poteri più incredibili.

Giovanni Catania

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