Ginepro: una pianta fuori dal communis

Pubblicato il Gennaio 11, 2016 - Benessere

Pianta di Ginepro communis

Il Ginepro, nello specifico Juniperus communis L., appartenente alla famiglia delle Cupressaceae, è un arbusto alto 1-2 m molto ramificato fin dalla base, ma può presentarsi anche come piccolo albero o arbusto strisciante.

Il genere Jupinerus comprende circa 60 specie tra cui: J. oxycedrus, J. sabina, J. virginiana, J. Ashei, J. phoenicea, J. thurifera e tante altre.

Presenta foglie lunghe da poco più di 1 cm ai 2 cm, larghe alla base 1 mm circa, appuntite e pungenti. La loro pagina inferiore presenta una linea sporgente e una scanalatura biancastra sulla superiore, tutta coperta da uno strato di cera. Le foglie sono inserite sul ramo in verticilli trimeri.

La fioritura avviene a marzo ed essendo una pianta dioica presenta fiori maschili e fiori femminili su individui diversi.

I fiori maschili sono ascellari disposti a spiga pendula (amenti), i femminili sono rappresentati da squame fertili (generalmente tre) che portano un ovulo ciascuno.

Gli ovuli maturi, chiamati impropriamente frutti rappresentano la droga e sono detti coccole, galbuli, ma anche strobili o bacche.

Maturano ogni 2 anni e raggiungono il periodo balsamico in autunno, sono numerosi, sferici, un po’ più larghi che lunghi e grandi 5-8 mm, di colore bruno-nero, tendenti al violaceo grazie allo strato di cera (pruina) che li ricopre; si presentano come coni globosi derivati dalla fusione di tre squame carnose.

Ogni coccola ha epicarpo liscio, sottile e polpa spugnosa contente 3 semi di colore bruno chiaro. Se si asporta la parte superiore dello pseudo-frutto, appaiono i semi trimeri, in genere, saldati alla polpa nella parte inferiore, liberi nella superiore, riuniti in modo da formare una piramide a 3 spigoli; questa caratteristica permette di distinguere facilmente il ginepro e dissuadere da eventuali sofisticazioni.

La raccolta avviene in tarda estate, i garbugli vengono raccolti a mano e conservati in contenitori di legno; prima della distillazione è necessaria una pre-fermentazione, aiutata dal contenuto zuccherino presente naturalmente nel galbulo.

L’habitat di questa pianta va dalle zone marine sino ad arrivare a quelle montane, comprende brughiere, pascoli aridi o boscaglie. È presente infatti in tutte le regioni temperate dell’emisfero settentrionale.

Una volta giunte a maturità, le coccole assumono un sapore aromatico, grazie alla presenza di ghiandole contenenti un’essenza resinosa.

Anche l’odore è aromatico e caratteristico.

La droga contiene un olio essenziale costituito soprattutto da monoterpeni (alfa-pinene, mircene, sabinene, limonene, canfene, alfa-terpinene) e sesquiterpeni; oltre alle resine.

L’olio essenziale si ottiene per distillazione in corrente di vapore ed ha una resa che varia dallo 0,8 al 2%. Secondo la Farmacopea Europea IV i coni fruttiferi non devono contenere meno di 10 ml/kg di olio essenziale.

Il principale effetto del Ginepro è quello diuretico, in particolare agiscono sulla filtrazione glomerulare del rene, incrementandola, ed è per questo che viene sconsigliato l’utilizzo per lungo tempo ai soggetti con problematiche renali ed alle donne in gravidanza.

Il ginepro viene consigliato in caso di cistite ed edema (non renale), come antisettico delle vie urinarie e balsamico.

Viene indicato anche ad uso esterno sotto forma di unguento in caso di dolori reumatici ed eczemi.

In cosmetica si impiega sul cuoio capelluto per trattamenti antiforfora.

L’impiego del Ginepro trova spazio anche nel settore liquoristico: i frutti dopo fermentazione e distillazione danno vita all’acquavite di ginepro, il famoso “Gin” inglese e anche al tirolese “Kranewitter“; messi a macerare in alcool, forniscono invece un ottimo amaro, tonico.

Il Gin fu inventato nel XVII secolo dal medico olandese Franciscus Sylvius, interessato alla formulazione di una tintura diuretica. Infatti la parola “gin” deriva da “geniver”, Ginepro in olandese.

Un bagno tonificante e rilassante può essere preparato mettendo una manciata di frutti schiacciati ed infusi, nell’acqua calda. I frutti possono essere impiegati anche per purificare e tonificare la pelle. I tordi sono particolarmente ghiotti di coccole di Ginepro. Nei paesi nordici il legno viene utilizzato per la fabbricazione di bastoni e cestini, mentre con la corteccia si realizzano corde. L’intera pianta se viene bruciata, deodora e rinfresca gli ambienti.

In veterinaria, l’olio essenziale è un rimedio naturale e un valido antiparassitario, impiegato contro acari e pulci degli animali.

Sin dall’antichità il Ginepro era considerato utile per proteggere contro gli spiriti maligni, incantesimi e sortilegi. Secondo un’antica superstizione medievale abbattere un ginepro voleva dire cagionare la morte di un componente della famiglia entro un anno.

In Inghilterra i rami della pianta venivano sparsi sul pavimento per profumare i locali e purificare l’aria, e addirittura un ginepro piantato a fianco della porta di casa avrebbe mantenuto le streghe a distanza.

Di questa pianta, gli antichi usavano un po’ tutte le parti. Ne bruciavano il legno sia a scopo terapeutico che propiziatorio. Ritenevano infatti che le fumigazioni di Ginepro combattessero i germi e fossero salutari per i malati, proprio per questo ne fecero ampio uso durante le epidemie di peste e vaiolo. Con la cenere si produceva un unguento che si riteneva fosse in grado di contrastare lebbra, scabbia, rogna e pruriti.

Nei primi anni del’900 nelle campagne emiliane resisteva l’usanza di bruciare il legno Ginepro a fini propiziatori: veniva bruciato la sera di Natale e la cenere conservata per compiere vari riti scaramantici nel corso dell’anno.

Perfino gli antichi egizi conoscevano il Ginepro e ne utilizzavano l’olio e le bacche nel processo di imbalsamazione.

ANJA LATINI

Erborista iscritta al RNEP n. GLT0018S

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