Finocchio: utilizzo, proprietà e tradizione
Pubblicato il Agosto 28, 2018 - Benessere

Il Finocchio, Foeniculum vulgare, è una pianta che fa parte della numerosa famiglia delle Apiaceae (ex Umbelliferae); è originario della regione Mediterranea e vegeta bene nei paesi temperati sia nella forma coltivata (var. dulce) che nella selvatica (var. vulgare).
È un’erba perenne, con radice grossa, cilindrica e fusti che possono arrivare sino a 2 metri, le foglie sono dotate di guaina, sono 2-3 volte pennatosette, a divisioni capillari lunghe da pochi mm a 1-5 cm a seconda della varietà; i fiori, che appaiono in estate, sono di colore giallo, organizzati ad ombrelle a 10-20 raggi, a volte anche di più, senza involucri; i frutti (chiamati impropriamente semi) sono cilindrici e muniti di coste evidenti e hanno un odore intenso, gradevole, simile all’Anice.
I Romani lo chiamavano foeniculum da foenum, cioè fieno molto probabilmente grazie al suo profumo fresco.
La droga del Finocchio è rappresentata dalle radici e dai frutti.
Le radici, raccolte da settembre a novembre, hanno proprietà diuretiche, sudorifere e depurative mentre se utilizzate per uso esterno sono ottime decongestionanti oculari.
La radice in infuso ha un’azione diuretica e sudorifera, mentre il decotto della radice è un ottimo rimedio come collirio, in caso di affaticamento degli occhi.
I frutti vengono raccolti da agosto a novembre, sono diacheni di forma quasi cilindrica, glabri, dotati di 5 costole e 5 vallecole, e contengono canali secretori.
I frutti vengono utilizzati per la fabbricazione di liquori, ma soprattutto il suo utilizzo è rivolto a risolvere dispepsie, problemi di stomaco, e flatulenza, infiammazioni delle vie aeree superiori, favorire le mestruazioni e la montata lattea nelle puerpere.
Dalla distillazione in corrente di vapore dei frutti contusi si estrae l’olio essenziale, che contiene trans-anetolo, fencone, limonene, pinene ed estragolo. L’olio essenziale risolve lo stesso tipo di problemi dei frutti; vanno comunque eseguite le varie misure cautelari utilizzate per tutti gli oli essenziali, in particolare in quello di Finocchio, che potrebbe causare sensibilizzazione a livello della cute, da evitare per le donne in gravidanza e le persone soggette ad epilessia.
Negli ultimi anni c’è stato un falso allarme sulla presunta tossicità delle tisane al Finocchio, che ha messo in apprensione molte donne che lo stavano assumendo per favorire la montata lattea. Questo studio in realtà metteva in evidenza la tossicità della singola molecola di estragolo (contenuta nel Finocchio insieme a tante altre sostanze), che nello studio su topi femmina rivelava un’azione cancerogena, ma soltanto la molecola isolata e a dosi massicce, quindi in una situazione ben diversa dalle 2-3 tazze di tisana consigliata abitualmente.
Curiosità: il Finocchio grazie al suo sapore fresco e aromatico, riesce a coprire ed alterare altri sapori meno graditi; è per questa ragione che veniva utilizzato da osti poco onesti per vendere vino poco gradevole, offrendo ai potenziali acquirenti, del Finocchio accompagnato dal pane, in modo da “coprire” il vero sapore del vino. Da questa pratica nasce il modo di dire “farsi infinocchiare”, cioè farsi imbrogliare.
Un tempo si concludeva il pasto mangiando Finocchio per aiutare la digestione e rinfrescare l’alito, e si considerava l’ultima vivanda prima di finire il pasto; da questa usanza derivano alcuni modi di dire proverbiali come “esserci come il finocchio nella salsiccia” cioè essere in un luogo senza nessuna autorità; oppure “dire il fatto suo fino al finocchio” cioè fino in fondo, o ancora “aspettare i finocchi” nel senso di aspettare la fine di qualcosa.
ANJA LATINI
Erborista iscritta al RNEP n. GLT0018S
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