Erica: piccolo arbusto diuretico e antisettico

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La Calluna vulgaris (L.) Hull anche conosciuta come Erica Vulgaris L., della famiglia delle Ericacee; deve il suo nome a Calluna dal greco calluno = pulisco, scopo, con allusione all’utilizzo dei rametti della pianta come scopa.

Descrizione Botanica dell’Erica

Si tratta di un piccolo arbusto perenne alto circa 20-25 cm, con fusti ramificati in rami sottili ed ascendenti. Foglie piccole, persistenti, ridotte a brevi squame lanceolate disposte in 4 file longitudinali. Fiori tetrameri di colore rosato con calice sviluppato della corolla, riuniti in infiorescenze terminali a racemi unilaterali.
È una pianta diffusa in tutta l’Europa, sui terreni silicei e acidi per mancanza di calcio. La sua presenza indica infatti estrema povertà del terreno e la specie può svilupparsi bene solo dove la concorrenza di altre piante è estremamente ridotta.

Costituenti principali, impiego e controindicazioni dell’Erica

Parti utilizzate: sommità fiorite.

Costituenti principali: tannino (3-7%); arbutina (arbutoside: 0,6-0,86%); proantocianidine e flavonoidi; olio essenziale (in tracce).
Il contenuto in arbutina è molto scarso rispetto a quello dell’Arctostaphylos uva-ursi e del Vaccinium vitis idaea per cui non può sostituire queste piante come antisettico urinario; ma ne può completare l’azione grazie alla presenza di flavonoidi e proantocianidine. Le sommità fiorite sono ricche in tannino e contribuiscono all’azione astringente e antisettica. Per l’attività diuretica e sudorifera viene prescritta nelle forme reumatiche, nella gotta e nella nefrolitiasi.

La pianta avrebbe inoltre proprietà blandamente sedative dovute alla azione antispasmodica del flavonoidi.

Consigliata nelle infiammazioni delle vie urinarie, nelle uretriti, nelle cistiti, nelle diarree, per la memoria e le funzioni cognitive.


Da evitare l’assunzione concomitante di sostanze o cibi che acidificano le urine (per la perdita delle proprietà antibatteriche).


In Gemmoterapia i giovani getti di Calluna vulgaris possiedono un’azione antinfiammatoria e disinfettante del tratto urogenitale.

Si utilizza nei processi degenerativi e infiammatori cronici soprattutto delle vie urinarie per le sue proprietà antisettiche urinarie. Utile nelle complicazioni cistitiche dei soggetti prostatici. Indicata negli stati infiammatori e infettivi delle vie urinarie: colibacillosi, cistiti recidivanti, uretriti.

Rimedio della ialinosi e della scleroamilosi, agisce bene nei processi infiammatori cronici. (Piterà F., Compendio di Gemmoterapia Clinica)

Il fiore dell’identità: Bach dice a proposito di Heather “per quelli che sono sempre alla ricerca di qualcuno che possa tenere loro compagnia perché hanno bisogno di parlare dei loro affari con gli altri, qualunque possa essere l’argomento. Sono molto infelici quando restano soli per un certo tempo.”  Ogni pianta sa come essere se stessa perché è connessa con tale spirito. Lo stato negativo del rimedio heather è questo senso di isolamento, di solitudine infelice, di incapacità di sopportare da soli gli spazi aperti e selvaggi dell’anima.

Usi e ricette con l’Erica

Tisana per la prostata agente di più sull’uretra
Erica 30%, Mais o Malva o Papavero Rosso (a seconda dell’intensità dell’infiammazione) 15%, Tiglio 20%, Finocchio 35%.

20 g al giorno in 1 litro di acqua far bollire 3 minuti a fuoco basso e coperto, lasciar riposare tutta la notte, al mattino filtrare e bere lontano dai pasti.

Per un mese, quindi 600 g

(Giannelli L., Medicina Tradizionale Mediterranea)

Tisana per la cistite
Uva ursina 30%, Malva 30%, Erica 20%, Ginepro 10%, Liquirizia 10%

Due/tre tazze al giorno

Olio di Erica
Sommità fiorite 60 g, olio di oliva 25 g

Lasciare macerare 15 giorni mescolando, ogni tanto, energeticamente. Passare, conservare tappato. Contro le macchie di rossore, arrossamenti, dermatosi squamose: con leggeri massaggi serali; in frizioni, contri i reumatismi.

(Valnet J., Fitoterapia, guarire con la piante)

Usi e virtu’ del Crisantello americano

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Il Chrysanthellum americanum, della famiglia delle Compositae, è una pianta originaria di Perù e Bolivia, ma si trova attualmente molto diffusa negli altopiani e nelle savane africane, ove riesce a sopportare periodi di grande caldo.

Descrizione botanica del Crisantello Americano

Pianta erbacea, annuale, con fusti esili di modeste proporzioni; ha foglie alterne, bi- o tripennatosette, di colore verde scuro. I fiori giallo-arancio sono riuniti in piccoli capolini dotati di lunghi peduncoli.

Costituenti principali, impiego e controindicazioni del Crisantello Americano

Si usa la pianta intera, che contiene flavonoidi (flavoni glicosidasi, calconi, auroni), saponine (crysantelline A e B), acidi polifenolici, acido caffeico e clorogenico, sesquiterpeni e diterpeni.

Azione: drenante dei tessuti, disintossicante, epato-renale, antinfiammatoria, angioprotettiva sulla microcircolazione, ipocolesterolemizzante, ipotricliceridemizzante, antilitiasica (di ogni tipo), antiossidante.

Indicazioni: affezioni vascolari, epatiche, alcolismo e cirrosi, iperlipidemia, ipercolesterolemia, ipertrigliceridemia, litiasi biliari e renale, ipertensione (integrativo) e reumatismo (debolmente).


Il Crisantello americano è molto utilizzato nella terapia di epatiti croniche (cirrosi alcolica e tossica) e nelle calcolosi biliari. La sua attività vasoprotettrice ed antinfiammatoria lo rende un valido presidio terapeutico nelle emorroidi, nelle varici e nei disturbi della microcircolazione.

Potrebbe manifestare fenomeni di gastralgia; in questo caso se ne consiglia l’assunzione a stomaco pieno.

Usi e ricette con il Crisantello Americano

Nel nord della Nigeria le foglie vengono mescolate con l’hennè per tingere le unghie (Dalziel 1937). In altre regioni la pianta intera è usata per fare cataplasmi desinati ad ottenere la maturazione di foruncoli e ascessi (Carpenter 1225).

 

Tisana popolare epatoprotettiva

Cynara scolymus folia 30 g, Chrysanthellum americanum flores 20 g, Curcuma longa radix 15 g, Taraxacum officinale radix 13 g, Peumus boldus folia 15 g, Fumaria officinalis herba 7 g.

Decotto 5%. Una tazza dopo i pasti.

 

Tisana utile per problemi di fegato ed emorroidi

Crisantello americano 30 g, Achillea millefoglie 25 g, Cardo mariano semi 25 g, Fumaria 20 g.

1 cucchiaio in 1 tazza d’acqua, portare a ebollizione, spegnere e coprire, lasciare 20/30 min., filtrare e bere anche 3 volte al dì.

(Erboristeria Claudio Tardelli)

GIULIA CALDARELLI

Lichene islandico: una simbiosi di proprietà per la salute

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La Cetraria islandica Ach., della famiglia delle Parmeliaceae deve il suo nome a: Cetraria dal latino “cetra” scudo, per gli scudetti del tallo; islandica, dall’isola di Islanda, ritenuta terra di origine.

È diffusa dalle zone artiche sino all’area mediterranea. Ed è stata introdotto nella materia medica nel 1863 da Hiarne che lo utilizzava contro l’emottisi e la tisi ulcerosa del polmone.

I Licheni trovano un impegno efficace nel trattamento di affezioni polmonari, debolezza generale e astenia delle forze vitali. Nello specifico il Lichene islandico è stato considerato da Scopoli, da Stoll e da Murray come un rimedio molto efficace contro la tosse, l’espettorazione e la febbre dei tisici.

Descrizione botanica del lichene islandico

Specie alta circa 10 cm, propria dei terreni montuosi, ma presente anche sui tronchi degli alberi; ha tallo con la superficie lucente e aspetto di un piccolo cespuglio ramificato. È costituito da lamine verticali di colore brunastro-verde oliva nella parte superiore, e cioè quella esposta alla luce; e con macchie bianche in quella inferiore. Le sommità delle lamine sono ottuse, glabre e i margini ciliati per la presenza di ciglia setolose. Ha odore debole e il è sapore leggermente amaro.   

Costituenti principali e impiego del lichene islandico

Si usa il tallo essiccato, raccolto da aprile a ottobre.

Nella droga vegetale sono presenti soprattutto principi amari costituiti da due tipi di sostanze: i polisaccaridi (50%), tra cui prevalgono la lichenina e l’isolichenina; queste sostanze insieme a molti altri polisaccaridi formano la componente mucillaginosa della droga. L’altro gruppo di sostanze riguarda gli acidi lichenici: acido cetrarico, acido fumarprotocetrarico, acido protolichenstearico, acido lichenstearico ed in bassa concentrazione l’acido usnico.

I due gruppi di sostanze sono differenti non solo per la costituzione chimica, ma anche per le proprietà: gli estratti acquosi contengono soprattutto i polisaccaridi, mentre in quelli idroalcolici prevalgono nettamente gli acidi. Agli estratti mucillaginosi si attribuiscono proprietà espettoranti, sedative della tosse, ed antibiotiche per la presenza di acido usnico e cetrarico; a questo va aggiunta l’azione immunostimolante recentemente ascritta ai polisaccaridi.

Nel caso degli estratti idroalcolici prevale l’azione amaro-tonica, con usi nella dispepsia ipostenica.

Si distinguono due modalità di somministrazione:

Lichene non privato del suo principio amaro (cetrarina) con azione antiemetica nei vomiti incoercibili delle emicranie e della gravidanza; tintura alcolica gtt L-LX/die; nonché stomachico, tonico, antianemico e febbrifugo.

Lichene privo del suo principio amaro. A tale scopo si prepara una decozione al 20%. Dopo una prima ebollizione si elimina il liquido e si lava il tallo con acqua fredda. Si sottopone, poi, ad una nuova decozione per 20-30 minuti ancora in un litro d’acqua. Si filtra e si dolcifica con miele e zucchero. Le sue proprietà sono: analettiche ed espettoranti nelle tossi bronchiali; diuretiche; nutrienti, se cotto a lungo, negli stati di astenia generale per la presenza di vit. A e Sali di Ca, Mg, Fe, K, antidiarroico usabile anche per i lattanti.

L’acido usnico, per la sua attività antimicrobica antibiotico-simile verso una grande varietà di ceppi batterici, compresi alcuni multi resistenti, trova interesse in campo cosmetico come ingrediente di creme, polveri, dentifrici, collutori, deodoranti, shampoo per capelli e prodotti per la protezione solare. In alcuni di questi preparati, la molecola viene impiegata come principio attivo, in altri come conservante.

Usi e ricette con il lichene islandico

Un tempo erano molto usate le pastiglie di Lichene come emollienti ed anticatarrali. La preparazione si effettua facendo macerare per 24h circa 50-70 g di Lichene in acqua. Si lava poi con acqua bollente per eliminare l’amaro. Si procede poi ad una seconda decozione e si aggiunge zucchero, gomma arabica, albume d’uovo ed acqua di fiori d’arancio fino a consistenza pastosa. Si divide infine in tavolette.

Mistura antivomitiva (Valnet)

Tintura di eufrasia 10, tintura di lichene 10. S: gtt. XXX, 3-5 volte al dì.

Mistura antivomitiva (Leclerc)

Tintura di cardo benedetto 30, tintura di lichene 10, essenza di aneto gtt. IV. S: gtt. XL-LX prima dei pasti.

Specie composta per tisana all’Altea (F.N.)

Composizione per 100 g di miscela contengono: Altea radice 30 g, Timo erba 25 g, Finocchio dolce frutti 10 g, Piantaggine foglie 15 g, Liquirizia radice 10 g, Lichene islandico tallo 10 g.

Preparare la tisana al momento dell’uso per infusione.

Un cucchiaio (5 g circa) per una tazza (250 g circa), 1-3 volte al giorno.

GIULIA CALDARELLI

La salsapariglia, una radice che elimina urea e acido urico

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La Smilax officinalis, famiglia delle Liliaceae, è comunemente chiamata Stracciabraghe per via delle sue robuste spine che rendono impenetrabile il bosco; tanto da rovinare gli indumenti se ci si passa accanto.

Ne esistono numerose specie, tutte originarie delle regioni calde delle Americhe, dal Messico al Brasile.

Descrizione botanica della Salsapariglia

È una pianta erbacea perenne, una liana sempreverde di boscaglie e siepi, con fusti lignificati rampicanti, muniti di viticci. Le foglie sono lucide, coriacee, cuoriformi o sagittate con spine sui bordi e nella nervatura centrale inferiore. I fiori sono unisessuali, profumati, piccoli, con sepali bianchi e sono riuniti in ombrelle, portate da un asse a zig­zag lungo 10-15 cm. La fioritura è da settembre a novembre.

I frutti sono bacche rosse, grosse circa mezzo cm, che maturano nell’autunno successivo.

Costituenti principali, impiego e controindicazioni della Salsapariglia

Parte utilizzata: radice

Principali costituenti: saponine (circa 1-3%, smilagenina e sarsapogenina come maggioritarie), fitosteroli e glicosidi sterolici, resina 2,5%, olio essenziale (in tracce), olio grasso, amido e tannini.

Proprietà: antiartritiche, antireumatiche, diaforetiche, diuretiche e depurative. Eliminatore dell’urea e dell’acido urico, antisifilitico.

Indicazioni: eccesso di urea e suoi disturbi, nefrite cronica, reumatismo gottoso, dermatosi, herpes, malattie veneree (sifilide).

Indicata nelle malattie del ricambio, quali diatesi artritica, iperuricemia, gotta e dermatosi su base dismetabolica.

È citata già da Castore Durante nel HERBARIO NUOVO del 1585: “Riscalda, dissecca, assottiglia, apre e dissolve, provoca il sudore”.

È stata utilizzata nel secolo XVI nel trattamento della sifilide.

In omeopatia si usa la tintura madre ottenuta a partire dalla radice scortecciata, con indicazioni in caso di coliti nefritiche, cistiti, prostatiti, ed anche dermatiti croniche.

A dosi elevate può provocare irritazione del tratto gastroenterico.

Usi e ricette con la salsapariglia

Tisana per la gotta:

  • Ononide radice 30 g
  • Salsapariglia radice 30 g
  • Tormentilla 15 g
  • Saponaria radice 15 g
  • Prezzemolo radice 10 g

Decotto. Dose: 10 g in 300 g di acqua. Bollire 10 minuti. 1 tazza mattina e sera a digiuno.
(Fitoterapia Moderna, L. Palma)

Tisana depurativa:

  • Gramigna rizoma 10 g
  • Liquirizia radice 10 g
  • Bardana radice 20 g
  • Ononide radice 20 g
  • Cicoria selvatica radice 20 g
  • Salsapariglia radice 20 g

Decotto. Dose: un cucchiaio da minestra per tazza. Bollire 10 minuti. 1-2 tazze al dì, di preferenza la mattina a digiuno.
(Van Hellemont)

GIULIA CALDARELLI

Boldo: pianta digestiva e coleretica

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Il Peumus boldus Molina, famiglia delle Monimiaceae, comunemente conosciuto come Boldo, deve il suo nome botanico a Peumus, nome cileno della pianta e a boldus, dedicato al botanico spagnolo D. Boldo, che probabilmente per primo descrisse la specie.

Il Boldo è originario dell’America Latina, in particolare da Perù, Equador, Cile e Argentina. Si dice che le capre andine che brucavano delle sue foglie non soffrivano mai di disturbi digestivi ed epatici.

Ignazio Molina porta a conoscenza gli studiosi europei delle proprietà medicamentose del Boldo, in un saggio di storia naturale cilena, pubblicato nel 1782.

Descrizione botanica del Boldo

Il Boldo è un arbusto o un piccolo albero sempreverde che non supera i 5 metri di altezza, con rami giovani esili a corteccia scura. Le foglie sono opposte, brevemente picciolate, ruvide, di odore gradevole. Il boldo è una specie dioica, cioè sviluppa i fiori femminili e maschili su individui differenti. Entrambi i tipi di fiori si sviluppano in corimbi posti all’ascella delle foglie e nella parte finale dei rami. Quelli maschili hanno numerosi stami e quelli femminili un pistillo con 2-5 carpelli uniovulati. Produce frutti fra dicembre e febbraio, caratterizzati dal cospicuo contenuto di zuccheri e quindi dal gusto molto dolce.

Costituenti principali, impiego e controindicazioni del Boldo

Del Boldo si usano le foglie raccolte in autunno. La droga contiene alcaloidi di tipo isochinolinico (0,25-0,7%; il principale costituente alcaloideo è la boldina), flavonoidi (es. isoramnetina) ed olio essenziale (2,5%).

Il Boldo ha proprietà diuretiche (l’olio essenziale contiene il 4-terpineolo, principio irritante e diuretico caratteristico del ginepro), stomachiche, colagoghe e coleretiche. L’attività coleretica è stata attribuita ai flavonoidi e agli alcaloidi.

È impiegato nelle cure depurative stagionali, come protettore epatico, utile per prevenire danni al fegato, e nella lieve insufficienza epatica e biliare. Pianta che depura il fegato, è digestiva e leggermente lassativa.

La sperimentazione farmacologica ha confermato l’attività coleretica, con netto aumento della secrezione biliare, anche se con effetto di breve durata.

Il Ministero della Salute attribuisce alle foglie del Boldo una ‘’funzione digestiva’’, ‘’funzione epatica’’, ‘’drenaggio dei liquidi corporei’’ e ‘’regolarità del transito intestinale’’.

La dose giornaliera raccomandata dalla Commissione E tedesca è di 3 g di droga essiccata.

Alle dosi terapeutiche non sono stati evidenziati effetti tossici, ma dosi eccessive possono causare irritazioni dei reni per cui l’uso va evitato in caso di disturbi renali, di gravi occlusioni delle vie biliari e in gravidanza. Possibile interazione con Warfarina, per aumento dell’effetto anticoagulante, in quanto il Boldo contiene cumarine.

L’olio essenziale ed i distillati di Boldo non dovrebbero essere utilizzati in quanto contengono ascaridolo, utilizzato in passato come antielmintico, oggi impiegato solamente in campo veterinario.

Usi e ricette con il Boldo

Il Boldo è un componente di diverse formulazioni adoperate nel trattamento della dispepsia, nei casi di crampi addominali, costipazione e disturbi epatici.

Antica ricetta del Vino di Boldo

Macerare per una settimana 30 gr di foglie di Boldo in un litro di marsala, filtrare e conservare al fresco. Consumarne un bicchierino da liquore al giorno, prima o dopo un pasto.

(I Vini Medicinali – Eraclio Fiorani, Roberto Fedecostante)

Infuso composto

  • Achillea sommità 25 g,
  • Boldo foglie 25 g,
  • Carciofo foglie 25 g,
  • Liquirizia rizoma 20 g,
  • Senna foglie 10 g

Tre cucchiai in mezzo litro d’acqua, per dieci minuti, tre tazze al dì.

Ipolipidemico, depurativo, antiurico, coleretico, colagogo, diuretico, leggermente lassativo.

(Trattato di fitoterapia, G. Peroni)

GIULIA CALDARELLI

Salcerella: pianta astringente e antinfiammatoria

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Il Lythrum salicaria L., famiglia delle Litracee, deve il suo nome botanico a: Lytrum dal greco coagulo di sangue, per via del colore rosa delle infiorescenze, e a salicaria per la forma delle foglie che assomigliano a quelle dei salici.  

Descrizione botanica della Salcerella

Comunemente conosciuta come Salcerella o Salicaria, il Lythrum salicaria è una pianta erbacea perenne, comune in tutta Europa, soprattutto in prossimità dei corsi d’acqua e delle paludi.

È alta fino a 2 m, si presenta come un cespuglio compatto, il fusto è eretto, delicato e rigido; le foglie lanceolate sono piuttosto strette, opposte o a verticilli, sia glabre che tomentose.

I fiori evidenti per il calice purpureo e la corolla rosea, sono riuniti in una abbondante spiga apicale.

Costituenti principali e impiego della Salcerella

Di questa pianta si utilizzano le sommità fiorite raccolte quando i fiori non sono completamente sbocciati, in maggio-giugno.

Costituenti principali: glucosidi (salicarina), C-glucosidi di flavonoidi (orientina, vitexina), tannini gallici, triterpeni e mucillagini.

Raccomandata da Dioscoride contro le espettorazioni sanguinolente, le epistassi, la dissenteria, le metrorragie. Nel XVIII secolo, de Haen e Fouquet le hanno riconosciuto una grande efficacia contro i flussi addominali; efficacia confermata in seguito da Campardon, che ne ottenne dei buoni risultati nelle diarree causate da uno stato atonico, su cui la pianta agisce grazie al tannino come tonico astringente, ed alla sua mucillagine come sedativo. 

Durante la prima guerra mondiale fu inoltre utilizzata dalle truppe tedesche nella terapia della febbre da tifo.

Proprietà: antidiarroiche, astringenti, emostatiche, antiemorragica, vulnerarie ed antibiotiche.

Impiego: infiammazioni acute e croniche mucosa gastrointestinale; insufficienza venosa, emorroidi. Utilizzata come collutorio lenitivo e antinfiammatorio del cavo orale.

Usi e ricette con la Salcerella

È particolarmente indicata per le coliti grazie all’azione combinata di tannini, mucillagini, fitosteroli, ferro, carotenoidi, salicarina, nonché per combattere le infiammazioni del cavo orale (come colluttorio). Per l’azione astringente e antinfiammatoria viene impiegata anche nel trattamento della leucorrea.

Miscela per ulcera gastrica

  • Salcerella pianta      65 g
  • Semprevivo foglie     20 g
  • Liquirizia radice        15 g

Decotto: 10 g in 350 g di acqua. Bollire 8 minuti, 1 tazzina, prima dei pasti.

(Fitoterapia Moderna, L. Palma)

Oleolito composto

  • Salicaria       30 g
  • Cipolla          50 g
  • Cipresso       10 g
  • Prezzemolo  10 g

Far bollire nell’olio le piante fresche per cinque minuti, raffreddare e colare.

Usare per frequenti unzioni, nei geloni.

(Trattato di Fitoterapia, G. Peroni)


GIULIA CALDARELLI

Partenio: contro emicrania e mal di testa

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Il Tanacetum parthenium (L.) Sch. Bip., famiglia delle Asteraceae, è diffuso in Europa e Canada ed è conosciuto con i nomi comuni di Acetilla, Tanaceto e Feverfew.

Il nome del genere deriva dal greco athanatos = immortale, in considerazione all’eccezionale durata dei fiori seccati delle piante che vi appartengono. Il nome della specie invece sembra derivare del termine greco parthenos, che significa vergine, e ciò forse a causa dell’uso che della pianta veniva fatto per alleviare i dolori mestruali.

Descrizione botanica del Partenio

Pianta perenne fortemente aromatica con fiori simili a Margherite e foglie simili a Felci.

È alta fino a 30-90 cm, il fusto è eretto, striato e pubescente nella parte superiore, le foglie sono giallo-verdastre, ovate e bipennatosette. I capolini sono raggruppati in ampi corimbi e presentano fiori esterni ligulati femminili bianchi, fiori interni ermafroditi tubulosi gialli ed un involucro appiattito con brattee di varia lunghezza.  

Costituenti principali e controindicazioni

La droga è costituita da foglie e parti aeree essiccate di odore canforaceo e sapore amaro.

Costituenti principali: numerosi lattoni sesquiterpenici, in particolare il partenolide (fino allo 0,9%); flavonoidi quali apigenina e luteolina; e poliacetileni.

Controindicato in gravidanza e allattamento. Mostra rare reazioni di sensibilizzazione allergica analogamente a quanto avviene per altre Asteracee. In persone particolarmente sensibili si sono segnalati disturbi digestivi, dolori addominali e infiammazione delle mucose, in particolare con l’infuso, che è fortemente amaro.

Attività e usi del Partenio

È una pianta erbacea originaria dei Balcani e naturalizzata poi nel resto d’Europa. È stata impiegata fin dall’antichità per curare una serie di malattie (disturbi allo stomaco, punture di insetti, mal di denti, vertigini, problemi del parto, irregolarità del ciclo mestruale, ecc.), ma soprattutto la febbre (incluse le febbri malariche) e l’emicrania.

Le sue foglie, in infuso oppure masticate fresche o essiccate e addolcite con miele per il loro sapore piuttosto amaro, sono rimedi tradizionali usati per prevenire e contrastare mal di testa e tensioni localizzate dovute al sovraccarico di pensieri e all’ansia; o per le emicranie legate alla sindrome premestruale.

L’estratto della pianta è in grado di inibire l’aggregazione piastrinica, la degranulazione dei granulociti e la liberazione di serotonina indotta da ADP e da adrenalina. Le indicazioni riguardano soprattutto le emicranie vasomotorie, per l’attività sulle piastrine ed altri componenti del sangue, attribuite in primo luogo ai lattoni sesquiterpenici. Per conseguenza si registrano anche usi nella prevenzione del rischio di trombosi ed ischemie. Trova inoltre impiego in caso di dolori mestruali ed in preparati commerciali per trattare artriti e dolori di testa, ma anche disfunzioni epatiche e gastrointestinali. Per uso esterno la pianta conosce un utilizzo come antisettico nel trattamento di ferite, contusioni e come colluttorio.

Nel 1772 il medico inglese Hill affermava che “quest’erba supera ogni rimedio noto, nel peggiore mal di testa”.


GIULIA CALDARELLI

Betulla: albero di luce che depura il corpo

Considerata nel medioevo simbolo di saggezza e albero di luce; fa parte del gruppo dei primi alberi colonizzatori, apparso circa 30˙000 anni fa.

Albero monoico, la Betulla, ha il tronco e i rami sottili e la corteccia bianco-argentata. Le foglie sono alterne e per lo più ovali, e i fiori raccolti in amenti sessualmente separati. Predilige i terreni ricchi di silice e preferibilmente asciutti, e le terre montane e fredde dei paesi del Nord, dai quali proviene. È una pianta che rigenera i terreni degradati.

Delle diverse specie di Betulla si distinguono Betula pubescens B. tomentosa, albero dalla corteccia di colore bianco-grigiastro, con foglie appuntite e che richiede suoli molto umidi e Betula pendula B. verrucosa, dalla corteccia color argento, con rami più prostrati e foglie più appuntite.

La Betula pubescens necessita di un clima freddo temperato; è una delle specie arboree pioniere dell’era glaciale, favorita per la grande resistenza al freddo, ed è inoltre più rara della Betula pendula.

Parti usate: le foglie e le gemme raccolte a primavera; la linfa che sgorga da incisioni praticate nel fusto e nella corteccia.

Attività principali: diuretica e depurativa.

Impiego terapeutico: litiasi renale, renella; disturbi reumatici, gotta; cellulite.

Principi attivi: betulina, olio essenziale, sesquiterpeni, flavonoidi, salicilato, tannino catechico, saponine, vit. C, acido nicotinico.

Sembra che il potere diuretico della Betula verrucosa si esplichi attraverso l’azione diretta sull’epitelio renale senza effetti collaterali e privo di qualsiasi azione secondaria.

Le foglie e i loro derivati vengono indicati in caso di ritenzione idrica, cellulite, calcolosi, artrosi e per favorire l’eliminazione di acido urico e dei cloruri.

La linfa viene raccolta ai primi di marzo prima che la pianta emetta le foglie, incidendo il tronco a un metro da terra. Questa sostanza ricca di betuline è dotata di proprietà diuretiche e depurative atte a eliminare acidi urici, urea, catabolismi e a ridurre il tasso di colesterolemia. Ha inoltre un’azione antinfiammatoria, analgesica e diuretica e per questo viene impiegata nella cellulite e nei catarri stagnanti delle prime vie aeree.

Secondo i principi di gemmoterapia, gli estratti delle gemme di Betula pubescens vengono usati tradizionalmente per disturbi osteoarticolari, renali e cardiocircolatori con azione antitrombofilicaInvece, quelli di Betula verrucosa vengono usati nei disturbi osteoarticolari, cutanei e per armonizzare il sistema reticoloendoteliale. Di questa specie si usa anche il macerato glicerico dei semi con azione tonica sul SNC e stimolante la memoria.

Betula pubescens e Betula verrucosa o alba sono molto simili sia come piante, sia come componenti, principi attivi ed effetti terapeutici. Sono tra i più importanti rimedi di drenaggio. In linea generale nei bambini e nei soggetti giovani è meglio prescrivere Betula verrucosa. Nell’adulto e nell’anziano è più attiva la Betula pubescens.

Le foglie di Betulla sono riportate nel FN (Formulario Nazionale Fitofarmaceutico) come componenti di tisane, ad esempio quella alla Betulla (Gramigna) e quella alla Gramigna (Solidago, Ononide, Liquirizia).

TISANA COMPOSTA ALLA GRAMIGNA, DEPURATIVA (F.N.)

Composizione, 100g di miscela contengono:

Gramigna radice    20g

Betulla foglie         20g

Solidago erba        20g

Ononide radice      20g

Liquirizia radice     20g

Preparare la tisana al momento dell’uso per infusione. Un cucchiaio (5g circa) per una tazza (250g circa), 1-3 volte al giorno.


GIULIA CALDARELLI

Olio essenziale di elicriso: utilizzi e proprietà

Il fiore giallo oro dell’Elicriso suscita da sempre un’importante venerazione, in quanto legato al culto del sole.

Questa pianta era infatti considerata simbolo di eternità, per il colore dei suoi fiori che si mantiene intenso e vivido anche quando la pianta si secca, dando l’illusione di durare per sempre; non a caso è chiamata popolarmente “semprevivo”, ed in Francia addirittura come “l’immortale”. È anche per questo che i suoi fiori sono molto utilizzati per le decorazioni, senza considerare il loro ampio utilizzo erboristico e la lunga conoscenza nella tradizione popolare.
Ampie notizie del suo impiego ci provengono dai greci, ma l’Elicriso era già noto al tempo degli egizi, che lo raffiguravano in molte pitture e con cui creavano ghirlande per le statue degli dei.
Usata fin dall’antichità come medicinale per la cura della pelle; questa pianta aromatica contiene un olio essenziale dalle proprietà antibatteriche, antinfiammatorie e vulnerarie.

Ma approfondiamo meglio quali sono i benefici e gli impieghi di quest’olio essenziale, ottenuto tramite distillazione in corrente di vapore delle sommità fiorite di Elicriso.

 

Utilizzo e proprietà dell’olio essenziale di elicriso

I benefici sulla psiche: è un olio essenziale che contrasta la depressione, l’esaurimento nervoso, le nevralgie e gli stati associati a stress. Utilizzato per via inalatoria, sul piano emotivo aiuta a sciogliere i blocchi psichici, in particolare quelli apparsi durante l’infanzia. Una miscela di oli essenziali ad azione equilibrante a livello emozionale può essere composta da Bergamotto, Geranio ed Elicriso.

È un ottimo olio essenziale per le persone che hanno sempre la testa “fra le nuvole”, aiuta a rimanere con i piedi per terra; a “radicarsi”. È infatti un olio essenziale legato all’elemento alchemico terra, simboleggia quindi le radici di una pianta, ma anche la base del nostro corpo e il suo ancoraggio alla terra, appunto.

 

Dermatologia: è un ottimo olio essenziale per tutte le problematiche cutanee. Su corpo e viso aiuta a contrastare dermatiti, psoriasi, eczemi anche di origine allergica, infiammazioni cutanee, couperose, macchie, vesciche, ma anche acne e foruncoli.

Come rigenerante della pelle, basta aggiungere 1-2 gocce ad una maschera o crema viso antirughe.

Ha un elevato potere lenitivo, rinfrescante e cicatrizzante quindi oltre alle scottature solari aiuta in caso di smagliature, cheloidi e cicatrizzazioni difficili. Si può utilizzare a questo scopo sia l’olio essenziale diluito in un olio vegetale vettore, ma anche l’oleolito ottenuto dalla macerazione in olio vegetale delle sommità fiorite della pianta; nonché il decotto concentrato della pianta in balneoterapia.

Ha un forte potere detossinante grazie al suo effetto stimolante sugli organi emuntori; migliorando così il lavoro dei sistemi circolatorio e linfatico, sui quali svolge inoltre un’ottima azione decongestionante. Si può utilizzare a tale scopo sotto forma di olio da massaggi, o in fanghi e bendaggi per le gambe.

Contro ematomi, traumi, lividi, ecchimosi e contusioni è tra gli oli essenziali di maggior efficacia, tanto da essere considerato l’Arnica degli oli essenziali. Si può preparare a tale scopo un composto fatto con 50 ml di olieolito di Arnica e 20 gocce di olio essenziale di Elicriso, da applicare al bisogno su botte e contusioni, massaggiandolo sulla zona interessata.

Su capelli e cuoio capelluto è utile come dermopurificante e per contrastare capelli grassi e forfora. Dona inoltre luminosità sia ai capelli, che alla pelle.

 

Benessere: l’olio essenziale di Elicriso contrasta algie, dolori muscolari, reumatismi, stiramenti muscolari ed è quindi utile in abbinata con altri oli essenziali (come Eucalipto, Rosmarino e Wintergreen) per massaggi localizzati su articolazioni e muscoli doloranti.

Ma è anche benefico in caso di problematiche respiratorie, influenza, raffreddore, bronchite, tosse, rinite e sinusite; sia come antinfiammatorio e antisettico, sia come espettorante e antitussivo. 4-5 gocce nel diffusore ambientale sono ottime per disinfettare e aiutare a respirare meglio in caso di affezioni delle vie respiratorie.

 

Raccomandazioni sull’utilizzo dell’olio essenziale di elicriso

Ricordiamo che gli oli essenziali in generale, sono composti estremamente concentrati di cui basta anche una piccola dose per provocare effetti indesiderati. Nel caso in cui si prendano per uso interno si consiglia sempre di consultare una persona esperta ed il proprio medico. È importante fare attenzione anche nell’uso a livello cutaneo poiché, essendo molecole di piccole dimensioni, sono facilmente assorbibili dalla nostra pelle, quindi con dosaggi troppo elevati si rischia di andare incontro a dermatiti. Non sono da utilizzare in caso di cute lesa e non devono entrare in contatto con mucose e occhi perché possono provocare anche forte irritazione.

 

 

Maggiori informazioni su:

Elicriso (Helichrysum italicum (Roth) G. Don): coltivazione, trasformazione e utilizzo

 

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Fitodepurazione delle acque, questa (s)conosciuta!

L’acqua che arriva comodamente nelle nostre case è il risultato di un tragitto più o meno lungo nelle reti d’acquedotto delle nostre città. A monte di tutto però troviamo un viaggio ancor più avvincente, tra le diverse fasi della materia: dallo stato solido, a quello liquido e gassoso attraverso il complesso ciclo dell’acqua; grazie all’evaporazione, alla condensazione, alla precipitazione e l’infiltrazione.

Questo flusso continuo tra idrosfera, atmosfera, litosfera è alimentato in modo abbastanza costante dal motore dei motori per eccellenza: la nostra stella più vicina, il Sole.

 

In tutto questo ciclo le piante rivestono un ruolo fondamentale, basti pensare ad esempio all’evapotraspirazione e alla purificazione-depurazione delle acque nei suoli forestali.

Soffermandoci su questo punto specifico, possiamo chiederci:

qual è il ruolo delle piante nella depurazione delle acque?

È possibile averne un riscontro pratico-quotidiano?

Il ruolo delle piante è molto più complesso di quanto possa sembrare e non sta tanto nella specie in sé, ma letteralmente “alla base”: a livello dell’apparato radicale, nel sistema suolo-pianta-microrganismi/batteri.

La fitodepurazione, nello specifico, è una tecnica naturale di rimozione degli inquinanti che si basa sul riprodurre gli stessi processi fisici, chimici e biologici di autodepurazione del sistema suolo-piante-microrganismi che caratterizzano gli habitat acquatici e le zone umide naturali.

È un trattamento biologico secondario o terziario, che necessita comunque di trattamenti a monte la cui tipologia dipende dalle caratteristiche del refluo da trattare e la cui funzione è quella di renderlo adatto al rilascio in ambiente naturale.

La capacità di evapotraspirazione del terreno e della vegetazione consente l’umificazione della sostanza organica e l’utilizzo degli elementi nutritivi da parte delle piante.
L’idea di trasformare questo “rifiuto” in risorsa permette di riutilizzare, per l’irrigazione ad esempio, le acque di scarico depurate in un contesto di recupero ambientale, di conservazione dell’energia e di contenimento dei costi.

Fitodepurazione impianto

L’impianto di fitodepurazione, orizzontare o verticale, si distingue dagli altri sistemi depurativi perché: non richiede consumi di energia in quanto le piante sfruttano l’energia solare; consente l’attraversamento degli strati filtranti (sabbia, ghiaia, terreno vegetale) grazie alle tubazioni di distribuzione e di drenaggio, consentendo un recupero totale dell’acqua e della sostanza organica e minerale, ed evitandone l’immissione nell’ambiente.

Ultimo ma non meno importante: la fitodepurazione utilizza solamente piante autoctone, cioè originarie dell’area geografica nella quale si trova l’impianto, scelte in considerazione alla loro adattabilità, ad una elevata umidità del suolo, alla capacità di evapotraspirazione sulla base del quantitativo d’acqua e sulla capacità di assorbire i nutrienti. In relazione a tutte queste caratteristiche si ha quindi la possibilità di creare un’area verde in grado di inserirsi in modo armonioso nel paesaggio circostante.

 

La fitodepurazione, come Nature Based Solution (NBS), è un trattamento terziario largamente usato nei paesi in via di sviluppo in base al clima dei villaggi di interesse, grazie ai grandi terreni a disposizione, la poca manutenzione e al fatto di essere svincolati completamente dalla rete elettrica.

 

In Italia viene sperimentato nelle zone pianeggianti e in alcuni casi anche in rifugi di montagna per il trattamento delle acque reflue in quota. Un bell’esempio per riflettere su come piccole piante erbacee che comunemente osserviamo, possano fare piccoli e grandi “miracoli” per la depurazione delle acque e come queste possano essere implementate in sistemi più complessi, svincolandosi dalla rete elettrica, in modo inclusivo, partecipativo e “smart” anche a livello globale.

Ecco qui solo alcune delle protagoniste di cui parliamo: Scirpus lacustris, Scirpus maritimus, Eichhornia crassipes, Phragmites australis, Iris pseudacorus, Lemna gibba, Lemna minor, Lemna arrhiza, Mentha aquatica, Typha latifolia.

 

GIULIA MAIMERI

 

Phragmites australis
Phragmites australis
Typha latifolia
Typha latifolia
Mentha aquatica
Mentha aquatica
Lemna minor
Lemna minor
Iris pseudacorus
Iris pseudacorus

Rosa mosqueta, nuovo elisir di giovinezza

Il nome Rosa mosqueta deriva dalla lingua spagnola, e indica alcune piante di Rosa selvatica con frutto.

Le principali specie di Rosa utilizzate per l’estrazione di olio sono R. moschata, R. rubiginosa e R. canina conosciuta in inglese come Rose hip, che è diffusa in America Meridionale, dove cresce spontanea in ambienti umidi e freddi.

Per l’ottenimento dell’olio pregiato s’inizia con la raccolta manuale delle drupe ad inizio primavera, le quali vengono fatte essiccare a temperatura controllata per separare i semi dalla polpa. I semi vengono fatti poi essiccare e sono spremuti a freddo per mantenere inalterati il più possibile i principi attivi. Che possono cambiare molto in base al metodo di estrazione utilizzato (caldo, freddo o con solventi), causando modifiche delle proprietà dell’olio vegetale, per variazione della sua composizione chimica.

L’olio ottenuto dalla spremitura a freddo dei semi della specie floreale, ha proprietà cosmetiche antiaging ed è usato per le sue caratteristiche astringenti e rinfrescanti in caso di cicatrici, bruciori, rossori, smagliature, occhiaie e la fragilità dei capelli in quanto ricco di acidi grassi omega 3 e 6 (importanti componenti delle membrane cellulari), nonché diversi antiossidanti quali:

  • Vit. E: aiuta le cellule ad essere più solide,
  • Squalene: proprietà emollienti e antiossidanti,
  • Vit. K: contribuendo alla normale coagulazione del sangue può avere effetti positivi in caso di couperose e arrossamenti
  • Retinolo: forma attiva della Vit. A, dalle qualità rassodanti e stimolanti la riparazione cellulare.

Composto da acidi grassi essenziali polinsaturi come:

  • Ac. linoleico: 41%, non sintetizzato dal nostro organismo, entra a far parte della composizione delle ceramidi (con ricostruzione dei lipidi epidermici e promuovendo la coesione delle cellule cutanee, nonché utile nel limitare la perdita di acqua dalla pelle mantenendola idratata);
  • Ac. linolenico: 39%, acido trans-retinoico, isomero della Vit. A e concentrazioni di antiossidanti naturali quali Vit. E, carotenoidi e fitosteroli i quali hanno funzione di rinnovamento cellulare.

Sostanze essenziali per la sintesi di prostaglandine, preposte ai processi di rigenerazione delle membrane e dei tessuti cutanei grazie alla presenza dell’acido trans-retinoico potenziando integrità, efficienza e immunità naturale delle cellule.

Questi acidi grassi presenti nell’olio conferiscono freschezza e idratazione alla pelle ammorbidendola, donando nutrimento e arricchendola con proprietà leviganti e rigeneranti.

Si tratta di un olio vegetale viscoso semi-liquido di colore arancione scuro ottimo, se biologico certificato, utilizzato puro o mescolato con oli essenziali, come ad esempio:

– Olio essenziale di Limone: aumenta le proprietà antirughe e rigeneranti,

– Oli essenziali di Lavanda, Elicriso, Rosmarino e Salvia: aiutano a contrastare cicatrici e scottature; come anche quelli di Mandarino e Gelsomino.

Vi è da differenziare tra l’olio di Rosa canina e quello di Rosa mosqueta in quanto ottenuti da due specie differenti (Rosa canina e la Rosa rubiginosa) con proprietà e utilizzi simili, ma estratti da semi diversi con proprietà diverse tra loro.

L’olio di Rosa mosqueta è possibile reperirlo anche sotto forma di perle commestibili per uso interno, utili per avere un supporto di acidi grassi essenziali, vitamine e antiossidanti proteggendo l’apparato cardiovascolare e cerebrale.

È importante conservare l’olio in un apposito recipiente scuro e lontano da fonti di calore in quanto può andare incontro ad ossidazione che lo rende inefficace, evitare l’applicazione prima dell’esposizione al sole, e se usato in quantità eccessiva sulla pelle può risultare comedogenico e favorire la formazione di punti neri.

L’olio di Rosa mosqueta è un alleato della pelle in particolar modo per pelli secche, screpolate o mature che hanno bisogno di riprendere elasticità e turgore in quanto ha effetti cosmetico-dermatologici sulla rigenerazione cutanea ed è un elemento indispensabile per i processi di rinnovamento cellulare, e per questo è definito, non a caso, elisir di giovinezza.

 

GABRIELE DALLO

Dottore in Tecnologie Alimentari

 

 

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Castagne: i benefici di un frutto spinoso dal cuore dolce

Indice

La Castanea sativa Mill. chiamata anche ‘’pane dei poveri’’, è un albero che appartiene alla famiglia delle Fagaceae. Con i suoi 30 metri di altezza è presente in tutti i boschi italiani e si presenta con fusto ramificato, chioma rotondeggiante e foglie con margine seghettato dal verde intenso, caduche. Resiste a inverni non troppo rigidi ed estati calde, cresce dai 300 ai 1200 m.
Il suo frutto carnoso viene chiamato castagna o ‘’marrone’’ a seconda della varietà della pianta; ed è racchiuso in un involucro spinoso, il riccio, che si apre a maturità raggiunta. Le varietà più rinomate sono presenti in Piemonte, Toscana e Campania.

I frutti del castagno: le castagne e i loro benefici

Le castagne contengono antiossidanti che possono ridurre l’infiammazione e migliorare la salute del cuore. Secondo uno studio del 2013, potrebbero abbassare la pressione del sangue e ridurre il rischio di ictus del 24%, essendo ricche di composti fenolici bioattivi, in particolare i tannini. Diversi studi danno importanza anche alle proprietà anti aterogene e anti trombotiche di questi frutti; grazie alla presenza di proantocianidine e alla loro forte attività antiossidante, che li rendono capaci di rilassare i vasi sanguigni.

La castagna presenta grandi quantitativi di vitamine del gruppo B essenziali per il buon funzionamento del cervello, la cui carenza può portare al delirio mentre, mentre la carenza di Folati e B12 può compromettere lo sviluppo cerebrale.

La presenza di vitamina C nelle castagne (43 mg) che rappresenta il 72% del fabbisogno giornaliero; è molto utile per la formazione del collagene, responsabile dell’elasticità dei nostri tessuti.

La castagna in erboristeria

In erboristeria l’uso della Castagna e dei suoi succedanei è utile per prevenire capillari rotti, vene varicose e flebiti inoltre può essere usato per lenire stati infiammatori delle vie respiratorie; anche in caso di tosse e febbre oltre che a regolarizzare la funzione intestinale.

 

L’estratto della corteccia di Castagno, in un recente studio italiano, è un ottimo supporto come integratore alimentare; combinando benefici effetti neuroprotettivi con l’elevata attività antiossidante.

 

L’estratto di castagna provoca l’apoptosi (autodistruzione delle cellule in risposta a stimoli dannosi) delle cellule del tumore gastrico, e ha rilevanti effetti benefici nei confronti del tumore alla prostata ed al seno.

Il miele di castagno e i suoi benefici

Il Castagno viene preso di mira dalle api per ottenere il miele di Castagno che presenta un’ottima fonte di vitamine del gruppo B e C; nonché ricco in proteine e sali minerali (quali ferro e calcio) e macronutrienti importantissimi per bambini e donne in età fertile, gravidanza ed allattamento per la presenza della Vit. P, che ha un effetto calmante sull’umore nelle donne in gravidanza.

 

Il miele di Castagno ha ottime proprietà antiossidanti dovute alla presenza dell’acido fenolico ed apporta proprietà emollienti e lubrificanti, utili in casi di infezioni alle vie respiratorie, grazie alla presenza di oligoelementi come il manganese, il potassio e il magnesio; che aiutano a migliorare ed accelerare la circolazione del sangue, ed è per questo che è utilizzato in casi di vene varicose o gambe pesanti.

L’olio di castagno e i suoi benefici

L’olio di Castagno è ricco di acidi grassi polinsaturi (omega 3), acido linoleico ed oleico e tocoferoli; il che lo rende utile oltre che per l’organismo, anche per l’uso cutaneo in casi di pelle inaridita e matura.

Dopo tutti questi benefici aspetti che la Castagna può apportare al nostro organismo, vi è inoltre il piacere di andare a raccoglierle in natura passando, una giornata nel verde e immersi nei suoi autunnali colori rilassanti.

 

GABRIELE DALLO

Dottore in Tecnologie Alimentari

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