Angelica archangelica: utilizzo, proprietà e tradizione
Pubblicato il Febbraio 23, 2021 - Benessere
L’Angelica archangelica L. è una pianta che appartiene alla grande famiglia delle Apiaceae (ex Umbelliferae).
L’etimologia deriva dal latino medievale herba angelica, grazie alla credenza per cui si riteneva che la pianta proteggesse dal Diavolo e fosse in grado di curare tutte le malattie. Secondo la leggenda le proprietà curative della pianta sono state rivelate ad un monaco da un Angelo, e poi arch- come prefisso rafforzativo di Angelica quindi archangelica in quanto l’Arcangelo Michele suggerì ad un medico mantovano che la pianta poteva guarire dalla peste.
Un’altra ipotesi del suo significato è quella per la quale la fioritura della pianta coinciderebbe con la ricorrenza di San Michele Arcangelo, cioè l’8 maggio.
Descrizione botanica dell’angelica archangelica
L’Angelica è una erbacea biennale o perenne, alta fino a 2 metri, che possiede un fusto cavo con diametro di 4-5 cm, di colore verde e sfumature rossicce. Le foglie sono bipenatosette, lungamente picciolate, con il picciolo anch’esso cavo, e foglie terminali riunite a gruppi di tre. Il margine delle foglie è seghettato, con denti grandi e a punta bianca.
L’infiorescenza (l’antesi avviene a giugno-luglio) è costituita da grandi ombrelle composte, emisferiche, costituite da circa 30 raggi, mentre le ombrellette risultano essere molto compatte, con un involucretto costituito da circa 10 brattee molto strette tra loro. Il colore dei fiori è verde.
Il frutto (detto impropriamente seme) è largo, di forma ellittica, quasi quadrato, appiattito e di colore verde-biancastro o verde chiaro, e alato. La pianta è glabra, ad eccezione dell’infiorescenza.
La pianta fiorisce una sola volta (nel II o III oppure IV anno) e poi muore.
Distribuzione e coltivazione dell’angelica archangelica
L’Angelica archangelica è distribuita in tutta l’Asia e l’Europa, in particolare nelle regioni del Nord Europa.
La coltivazione dell’Angelica richiede un terreno profondo, umido e fertile, in parte all’ombra, in parte in pieno sole. È una pianta resistente. Si semina in semenzaio nell’estate ed i semi debbono essere raccolti e utilizzati subito, perché perdono la facoltà germinativa. In autunno si mettono a dimora le piantine in terreno fresco e ben concimato, distanza 80 cm tra le file e 60 cm sulla fila.
Le radici verranno raccolte nell’autunno dell’anno seguente; il rizoma e il fittone sono grossi e brevi, mentre le radici secondarie sono numerose.
I frutti si raccolgono nell’estate del secondo anno, tagliando le ombrelle ancora verdognole, seccandole e battendole; l’odore è simile a quello della radice, ma ancora più gradevole.
La specie coltivata ed utilizzata a scopo officinale è Angelica archangelica (o Angelica officinalis), che non va confusa con Angelica sylvestris (Angelica selvatica), dalla quale differisce perché molto meno profumata, più piccola sia come altezza che come dimensioni delle foglie, che sono verdi uniforme su entrambe le pagine, e per i fiori che sono di colore bianco-rosato.
Attività e usi dell’angelica archangelica
La droga, costituita dalle radici essiccate, è igroscopica, quindi va conservata in ambienti asciutti. L’odore è forte, gradevole e aromatico.
Le radici contengono un olio essenziale costituito da: alfa-fellandrene, pinene, limonene, borneolo, lattoni macrociclici e cumarine. Nei frutti è contenuto un olio essenziale con la stessa composizione. Le sostanze contenute nell’olio essenziale, ed in particolare le furocumarine, sono fotosensibilizzanti ed è quindi sconsigliabile esporsi ai raggi UV dopo il suo utilizzo; è inoltre sconsigliato assumerli in gravidanza ed in allattamento, e nei soggetti sottoposti a terapie anticoaugulanti.
L’Angelica è consigliata come rimedio stomatico-eupeptico, antiacido gastrico, carminativo e (a piccole dosi) come stimolante del sistema nervoso centrale; come emmenagogo, utile in caso di anoressia, in fase di convalescenza, se si è affetti da iperacidità gastrica, in caso di flatulenza, ulcera gastrica e dismenorrea.
L’Angelica può essere assunta sotto forma di polvere, in infuso (taglio tisana), sotto forma di tintura madre o estratto fluido e come già detto in olio essenziale. Quest’ultimo è in grado di rilassare la muscolatura liscia, attraverso un meccanismo Ca-antagonista, meccanismo che potrebbe spiegare il suo utilizzo storico in caso di asma.
L’Angelica è da sempre apprezzata per le sue proprietà medicinali, ma possiede anche impieghi fitoalimurgici, nel settore liquoristico; ed anche nel mondo dei profumi.
I suoi gambi si possono mangiare salati, bolliti con olio e aceto.
C’è anche la seguente versione dolce costituita dai gambi di Angelica canditi (fonte “libro delle erbe” di Pierre Lieutaghi):
“Prendete dei fusti freschi ben mondati, tagliateli in pezzi lunghi una dozzina di centimetri, gettateli nell’acqua bollente e lasciateli bollire per una mezz’ora; poi toglieteli dall’acqua, sgrondateli e levate con precauzione i filamenti della corteccia: Fatto ciò, rimetteteli in ebollizione fino quando i fusti diventino teneri sotto la pressione delle dita: a questo punto saranno diventati bianchi e, se volete farli tornare verdi, gettate un pugno di sale nell’acqua prima di toglierli. Passate quindi i fusti nell’acqua fresca, sgrondateli e rimetteteli al fuoco in uno sciroppo che deve contenere il loro peso in zucchero; fate bollire a fuoco vivo durante una mezz’ora, poi versate il tutto in una terrina. Il giorno dopo separate lo sciroppo facendolo bollire a parte, e gettatelo sui fusti: questo per tre giorni di seguito. Infine fate seccare al forno i pezzi sparsi di zucchero in polvere, conservandoli in scatole ben chiuse, o collocateli in vasi di maiolica, ricoprendoli con sciroppo ben cotto, nel quale l’Angelica potrà conservarsi per anni senza perdere nulla del suo aroma”.
Le radici ed i semi di Angelica sono state utilizzati per aromatizzare liquori come il Gin, il Vermouth, la Chartreuse e l’amaro benedettino.
ANJA LATINI
Erborista iscritta al RNEP n. GLT0018S
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