Acanto, il rimedio che è arte
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L’ Acanto è una specie botanica molto appariscente e proprio per questa ragione viene spesso utilizzata per abbellire parchi e giardini.
I nomi volgari con cui viene spesso denominato sono Branca orsina, Branca ordina, Brancalupo ed Erba della Maddalena, mentre l’etimologia dal latino è acanhtus = spinoso e mollis = molle; riferendosi alle sue foglie.
Principali specie botaniche dell’acanto
Si conoscono due specie principali: l’Acanthus mollis e l’Acanthus spinosus che si differenziano principalmente per la forma della foglia.
Sono piante erbacee e perenni di dimensioni notevoli, con fusto sublegnoso ed eretto che si erge fino a 120 cm di altezza, che si innalzano dal centro di grosse rosette basali di foglie.
Nella specie A. mollis le foglie basali sono sparsamente pelose nella pagina superiore e pubescenti lungo le nervature della pagina inferiore e sul picciolo, capaci di raggiungere la lunghezza di 80 cm. La lamina fogliare è di colore verde brillante, più scura superiormente, e ha forma pennatopartita con lobi profondamente inciso-dentati.
Man mano che si sale lungo il fusto le foglie superiori si riducono di dimensioni ed arrivano a misurare 1,5-4 cm x 1-2,5 cm, diventano sessili (prive di picciolo), con profilo ovato lanceolato e dotate di spine.
La specie A. spinosus presenta invece foglie profondamente più rigide, maggiormente incise e spinose simili a quelle dei Cardi.
Le foglie nel periodo estivo si disseccano per poi ricrescere nel periodo autunnale.
Descrizione botanica dell’acanto
Il fiore dell’Acanto è organizzato a spiga cilindrica, infiorescenza ricca di fiori a calice bilabiato; con labbro superiore di colore viola e più grande dell’inferiore, che è invece di colore bianco con venature purpuree; trilobato e pubescente.
Gli stami sono quattro, arcuati saldati alla corolla, le antere sono pelose nella parte inferiore; l’ovario è supero, con due loculi e stilo più lungo degli stami. I fiori sono affiancati da grandi brattee lunghe sino a 4 cm con denti spinosi ai margini e all’apice.
Il frutto è una capsula loculicida ovoidale, brunastro-chiara a maturità, portante all’apice lo stilo dissecato a mo’ di lunga appendice filiforme, e contenente da 1 a 4 semi (teoricamente 2 per loculo) glabri e lisci, compressi, bruno-rossastro-scuri, lunghi mediamente 1 cm o poco più, somiglianti a dei fagioli. La deiscenza (l’apertura della capsula a maturità) è improvvisa ed elastica, così da proiettare i semi ad una certa distanza, favorendone la dispersione.
I semi hanno un alto grado di germinabilità, ma la propagazione naturale della pianta è limitata agli ambienti in cui si conserva un certo grado di umidità del suolo anche nella stagione secca.
L’Acanto vegeta in luoghi freschi, umidi, ombrosi fino all’altitudine di 700 m s.l.m.
Composizione ed usi dell’acanto
Anche se poco conosciute presenta diverse applicazioni salutistiche: è una pianta astringente, emolliente, vulneraria; e la si può utilizzare sia per uso interno che esterno.
Contenente buone quantità di mucillagini e tannini, tradizionalmente è stata utilizzata per trattare lussazioni ed ustioni.
Una pasta, ricavata dalla pianta, quando applicata sulle giunture lussate tende a normalizzare i muscoli ed i legamenti colpiti. Le foglie macinate sono utilizzate per fare cataplasmi sulla pelle ustionata.
Per uso interno la pianta ha proprietà emollienti e serve a trattare le mucose irritate del tratto gastrico e delle vie urinarie. Favorisce la fluidificazione del catarro bronchiale ed ha anche azione calmante ed astringente sull’intestino.
L’infuso di foglie o di fiori stimola l’appetito, coadiuva la funzione del fegato e regolarizza la digestione.
Non esistono utilizzi fitoalimurgici.
L’acanto tra simbolismo e arte
Il campo in cui l’Acanto trova maggior riconoscimento e prestigio è sicuramente l’arte, e più precisamente nella letteratura e nell’architettura classica, molto apprezzata anche nell’antica mitologia greca.
Non a caso risulta essere una pianta simbolica, carica di significato.
Una leggenda greca narra che la nutrice di una fanciulla di Corinto morta precocemente, aveva deposto sulla tomba una cesta con i suoi oggetti più amati, adottando la precauzione di ricoprirla con una tegola quadrata per nasconderli. Giunta la primavera, l’architetto Callimaco, che passava da quelle parti, vide la tegola sollevata da un cespo armonioso di foglie d’Acanto cresciute sul sepolcro, quasi a simboleggiare l’Immortalità della fanciulla e la sua metamorfosi in pianta. La visione gli ispirò l’idea del capitello poi chiamato “corinzio”, decorato dalle grandi foglie oblunghe e profondamente incise di questa pianta.
Fin dall’antichità è ritenuta una difesa contro gli spiriti del male e adottata per proteggere le entrate dei luoghi consacrati, sepolcri e templi alle cui porte venivano appesi mazzetti di foglie di Acanto. Con il passare del tempo tali poteri furono attribuiti anche alla sua riproduzione in legno, pietra o marmo.
L’Acanto divenne l’elemento base decorativo di capitelli e di ogni fregio in strutture edificate a protezione del luogo sacro.
Giovanni Pascoli cantò non le foglie, ma il bianco fiore d’Acanto nella omonima poesia di Myricae che inizia coi versi:
Fiore di carta rigida, dentato
i petali di fini aghi, che snello
sorgi dal cespo, come un serpe alato da un capitello;
Fiore che ringhi dai diritti scapi
con bocche tue di piccoli ippogrifi;
fior del Poeta!
ANJA LATINI
Erborista iscritta al RNEP n. GLT0018S
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